Recentemente è pervenuta alle scuole la C M n. 8 del 6/3/2013 firmata dal Capodipartimento del MIUR la dir gen Lucrezia Stellacci per chiarire gli aspetti più rilevanti della Direttiva sui BES del 27 dicembre 2012.
Si tratta di uno strumento operativo di grande rilievo, che mira a completare la normativa sull’inclusione scolastica. Ridefinisce l'intera area dei bisogni Educativi Speciali, comprendente lo svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici dell'apprendimento e disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della lingua italiana.
Assegna allo strumento del Piano Didattico Personalizzato il compito di definire per tutti questi casi le programmazioni didattiche-educative individualizzate, calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita.
Per aggiungere un ulteriore elemento di riflessione inserisco il commento di Salvatore Nocera, su Edscuola, che analizza i passaggi più significativi di questo documento ed affronta il tema dei Bisogni Educativi Speciali in maniera chiara ed esauriente.
Dopo aver letto i vari documenti mi permetto di rilevare che se da un lato prevedere un Gruppo di lavoro per l'Inclusione composto da tutti i soggetti chiamati a garantire una reale integrazione di ogni alunno in difficoltà rappresenta un passo avanti importante, dall'altro non prendere atto che le scuole che non sono neanche in grado di approvare le ordinarie attività previste tra quelle finanziate dal fondo di Istituto rischia di rendere inefficace qualsiasi ipotesi di applicazione di tali direttive. Immaginare un Gruppo di lavoro sull'Inclusione che si occupi di programmare le attività, raccordarsi col territorio, riunirsi almeno mensilmente, verificare il lavoro, presentare gli esiti in Collegio, dovrebbe prevedere un compenso pro capite di almeno 20-30 ore, moltiplicato per il numero di soggetti coinvolti (secondo la direttiva tra insegnanti di sostegno, docenti di classe, referenti, ecc, si arriverebbe facilmente a una trentina di persone). Con quali risorse?
Come sempre nella scuola italiana si pensa di introdurre innovazioni a costo zero.
E, come sempre, tutto si riduce ad un esercizio di buone intenzioni che lascia le cose esattamente come prima...