Giorno della Memoria: poesie segnalate dal prof. Martillotto |
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Discipline - Italiano |
Scritto da Administrator |
Venerdì 26 Gennaio 2018 14:06 |
Non mi stancherò mai di riconoscere come la maggior fortuna per chi si occupa di formazione sia quella di poter scoprire colleghi davvero straordinari. In una recente esperienza formativa a Vibo Valentia ho avuto il privilegio di conoscere il prof. Francesco Martillotto, docente di lettere nella scuola secondaria di I grado Piscopio, amatissimo dai suoi studenti ed appassionato del suo lavoro e della letteratura a cui dedica cio' che resta del suo tempo libero.
Nel suo profilo Facebook instilla giornalmente una o più poesie, attingendo da repertori di autori classici e meno conosciuti, contemporanei e non, arricchendo queste autentiche perle con note biografiche sugli autori. Da qualche giorno ha dedicato questo repertorio alla Giornata della Memoria, per cui ho ritenuto opportuno raccogliere poesie e riflessioni segnalate dal collega in questo post, non prima di averlo ringraziato per il suo lavoro prezioso e costante. un male crudele che ne scaccia ogni altro. La morte, demone folle, brandisce una gelida falce che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
Oggi il mio sangue pulsa ancora,
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere! Eva Picková, La paura Eva Picková nata a Nymburk il 15 maggio 1929, deportata a Terezin il 16 aprile 1942, morta ad Auschwitz il 18 dicembre 1943.
"La memoria è un motore della individualità umana. Finché posso giocare con i miei ricordi, scomponendoli e ricomponendoli, sento di essere una persona. Gavriel Levi, professore emerito Università di Roma “La Sapienza” (da La Stampa del 26/01/2016)
E dopo di loro la rassegnazione giunge, Alena Synkova (Praga, 1926), Bambina ebrea deportata nel lager di Terezin (Theresienstadt, Repubblica Ceca) nel 1942, espresse in versi le sofferenze della prigionia; aveva 16 anni quando fu liberata. Solo un centinaio di bambini sopravvissero al lager.
"Oggi più che mai, è necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano: è l'unico modo per sperare che quell'indicibile orrore non si ripeta, è l'unico modo per farci uscire dall'oscurità. E allora, se la mia testimonianza, il mio racconto di sopravvissuta ai campi di sterminio, la mia presenza nel cuore di chi comprende la pietà, serve a far crescere comprensione e amore, anch'io allora, potrò pensare che, nella vita, tutto ciò che è stato assurdo e tremendo, potrà essere servito come riscatto per il sacrificio di tanti innocenti, amore e consolazione verso chi è solo, sarà servito per costruire un mondo migliore senza odio, né barriere. Elisa Springer, Incipit de Il silenzio dei vivi, Padova, Marsilio, 1997 Elisa Springer (Vienna, 12 febbraio 1918 – Matera, 20 settembre 2004) è stata una scrittrice austriaca naturalizzata italiana, di origine ebraica, superstite dell'Olocausto, autrice di memorie sulla sua esperienza di deportata al campo di concentramento di Auschwitz e testimone della Shoah italiana.
«Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Elie Wiesel, La notte, prefazione di F. Mauriac, traduzione di Daniel Vogelmann, Firenze, Casa editrice Giuntina, 1980, pagina 39.
Eliezer Wiesel (Sighetu Marmației, 30 settembre 1928 – New York, 2 luglio 2016) è uno scrittore statunitense di cultura ebraica e di lingua francese, nato in Romania e sopravvissuto all'Olocausto. È autore di 57 libri, tra i quali La notte, un racconto basato sulla sua personale esperienza di prigioniero nei campi di concentramento di Auschwitz,Buna e Buchenwald. Wiesel è anche membro dell'Advisory Board del giornale Algemeiner Journal.
Tante, troppe cose Letizia
Vorrei andare sola Alena Synkova (Praga, 1926), Bambina ebrea deportata nel lager di Terezin (Theresienstadt, Repubblica Ceca) nel 1942, espresse in versi le sofferenze della prigionia; aveva 16 anni quando fu liberata. Solo un centinaio di bambini sopravvissero al lager.
Da domani sarò triste, da domani. Poesia di un ragazzo trovata in un ghetto nel 1941
«Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga» Primo Levi, Se questo e un uomo, Torino, Einaudi, 1989, pag. 23.
Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987) è stato uno scrittore, partigiano, chimico e poeta italiano, autore di racconti, memorie, poesie e romanzi.
«La memoria è determinante. È determinante perché io sono ricco di memorie e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita». Mario Rigoni Stern (Asiago, 1º novembre 1921 – Asiago, 16 giugno 2008) è stato un militare e scrittore italiano. Legatissimo alla sua terra, l'Altopiano di Asiago, e alla sua gente, i Cimbri, è noto soprattutto per l'opera Il sergente nella neve. Primo Levi lo definì "uno dei più grandi scrittori italiani.
Difficile da riconoscere, ma era qui.
I camion a gas arrivavano là... Fino al cielo?
Si.
Non posso credere di essere qui. C. Lanzmann. Shoah con introduzione di Frediano Sessi e prefazione di Simone de Beauvoir. Einaudi, Torino, 2007 Claude Lanzmann (Parigi, 27 novembre 1925) è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico francese.
«Ma nonostante tutto volevo scrivere, sempre. Sentivo qualcosa che mi incitava, mi incalzava: “Scrivi, scrivi…”. Tutto quello che non si scrive si dimentica… Sì, bisogna scrivere subito, poi potrebbe essere troppo tardi» Pier Vincenzo Mengaldo, La vendetta è il racconto. Testimonianze e riflessioni sulla Shoah, Torino, Bollati Boringhieri, 2007, pag. 29 (la citazione è tolta da Grigorij Šur, Gli ebrei di Vilna)
Pier Vincenzo Mengaldo (Milano, 28 novembre 1936) è un filologo e critico letterario italiano, oltre che storico della lingua italiana.
L'ultima, proprio l'ultima,
La farfalla, di Pavel Friedman
Su un acceso rosso tramonto,
sotto gl'ippocastani fioriti,
Peter, bambino ebreo ucciso dai nazisti nel ghetto di Terezin
Nacque alla fine del XVIII secolo come città-fortezza, con due poli tra loro distinti: la "grande fortezza" e la "piccola fortezza". La "piccola fortezza" per lungo tempo funzionò come prigione; anche il nazionalista serbo Gavrilo Princip vi fu detenuto, e vi morì nel 1918. La "grande fortezza" è nota soprattutto perché durante la seconda guerra mondiale fu trasformata dai nazisti nel campo di concentramento di Theresienstadt, poi aperto a museo. Nel ghetto di Terezin fu concentrato il maggior numero di prigionieri-bambini, compresi i neonati. I bambini di Terezin scrivevano soprattutto poesie. Dei 15.000 bambini transitati per il campo di Terezin se ne salvarono meno di un centinaio: la maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz.
«Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà. È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’ intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte il rombo l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili».
Il diario di Anna Frank, IV ristampa Oscar Mondadori, traduzione di Arrigo Vita, prefazione di Natalia Ginzburg, Milano, Mondadori, 1974, pag. 253 (15 luglio 1944) Annelies Marie Frank, nome spesso italianizzato in Anna Frank, (Francoforte sul Meno, 12 giugno 1929 – Bergen-Belsen, febbraio 1945), è stata una deportata e scrittrice ebrea tedesca, divenuta un simbolo della Shoah per il suo diario, scritto nel periodo in cui lei e la sua famiglia si nascondevano dai nazisti, e per la sua tragica morte nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Visse parte della sua vita ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, dove la famiglia si era rifugiata dopo l'ascesa al potere dei nazisti in Germania. Fu privata della cittadinanza tedesca nel 1935, divenendo così apolide e nel proprio diario scrisse che ormai si sentiva olandese e che dopo la guerra avrebbe voluto ottenere la cittadinanza dei Paesi Bassi, Paese nel quale era cresciuta.
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